mercoledì 27 maggio 2009

TERRAFUTURA - Mostra convegno internazionale

Cos’è Terra Futura?

Terra Futura è una grande mostra-convegno strutturata in un’area espositiva, di anno in anno più ampia e articolata, e in un calendario di appuntamenti culturali di alto spessore, tra convegni, seminari, workshop; e ancora laboratori e momenti di animazione e spettacolo.

Nata dall’obiettivo comune di garantire un futuro al nostro pianeta – e di farlo insieme –, la manifestazione mette al centro le tematiche e le “buone pratiche” della sostenibilità sociale, economica e ambientale, attuabili in tutti i campi: dalla vita quotidiana alle relazioni sociali, dal sistema economico all’amministrazione della cosa pubblica...

Terra Futura vuole far conoscere e promuovere tutte le iniziative che già sperimentano e utilizzano modelli di relazioni e reti sociali, di governo, di consumo, produzione, finanza, commercio sostenibili: pratiche che, se adottate e diffuse, contribuirebbero a garantire la salvaguardia dell’ambiente e del pianeta, e la tutela dei diritti delle persone e dei popoli.

È un evento internazionale perché intende allargare e condividere la diffusione delle buone pratiche a una dimensione globale; perché internazionali sono i numerosi membri del suo comitato di garanzia, la dimensione dei temi trattati e i relatori chiamati ad intervenire ai tavoli di dibattito e di lavoro; infine, perché lo sono i progetti e le esperienze presenti o rappresentati ampiamente nell’area espositiva, che ospita realtà italiane ed estere.

Numerosi e importanti i consensi raccolti negli anni. Oltre 94.000 i visitatori dell’edizione 2008, 550 le aree espositive con più di 5000 enti rappresentati; 160 gli eventi culturali in calendario e 850 i relatori presenti, fra esperti e testimoni di vari ambiti di livello internazionale.
La sesta edizione di Terra Futura si svolgerà sempre alla Fortezza da Basso, a Firenze, dal 29 al 31 maggio 2009.

ORARI:
venerdì 29 maggio ore 9.00-20.00
sabato 30 maggio ore 9.00-22.00
domenica 31 maggio ore 10.00-20.00

domenica 17 maggio 2009

Lettera di risposta del capo indiano Seathl della lega Duwanish

La lettera che pubblichiamo è la risposta che il capo indiano Seathl della lega Duwanish inviò al Presìdente americano Franklin Pearce nel 1854, quando venne proposto l'acquisto di tutte le terre indiane, ad eccezione di una riserva. L'anno successivo le terre vennero invase da minatori e coloni. La guerra durò tre anni prima di piegare definitivamente la resistenza indiana. Questa lettera rappresenta un esempio di grande dignità, di spiritualità e di profondo legame degli uomini con la loro terra. Un documento lungimirante sui pericoli e le compromissioni che l'ambiente avrebbe subito.

venerdì 15 maggio 2009

Anche Prato scopre la convenienza dei Gruppi di Acquisto

Dal "Nuovo Corriere" di sabato 9 Maggio 2009, di Piero Ianniello.

mercoledì 13 maggio 2009

The Story of Stuff - Parte 2/2

The Story of Stuff - Parte 1/2

Acque minerali estrogenate: incriminate le bottiglie di plastica

Acque minerali estrogenate: incriminate le bottiglie di plastica

Dall’Università Johann Goethe di Francoforte giunge la notizia che nelle acque minerali vendute in bottiglie di plastica sono presenti dosi di estrogeni potenzialmente dannose per l’equilibrio ormonale umano. L’entità del rischio non è ancora definita, in quanto occorrono studi più approfonditi, ma i ricercatori invitano alla prudenza. L’Associazione Britannica per le Bevande Leggere solleva invece una voce contraria: “allarme per il momento ingiustificato”.

di Virginia Greco
bottiglie acqua
Secondo studiosi di Francoforte l'acqua in bottiglia contiene dosi di estrogeni potenzialmente dannose per l'equilibro ormonale umano.
Purtroppo le vicende di contaminazione di cibi da parte delle sostanze chimiche presenti negli involucri non sono più una rarità. Al di là di fenomeni isolati e immediatamente arginati - si è appreso ormai dall’esperienza come alcuni composti, tipo il bisfenolo A, possono passare dalla confezione all’alimento e avere conseguenze spiacevoli sulla salute di quanti ne faranno uso.

Un nuovo esperimento, i cui risultati hanno destato l’interesse dei cronisti internazionali, è stato condotto sulle acque minerali vendute in contenitori di differente composizione. Sotto accusa sono le bottiglie di plastica: il contenuto di ormoni femminili riscontrato nelle acque raccolte in tali confezioni è di gran lunga superiore a quello trovato nelle acque (anche le “stesse”, ossia provenienti dalla medesima fonte e della stessa marca) vendute nel vetro.

Lo studio è responsabilità di un gruppo di ricercatori dell’Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte, guidati da Martin Wagner e Jörg Oehlmann.

“Appare possibile che la contaminazione delle acque prese in esame da parte di xeno-ormoni” - ossia ormoni provenienti dall’esterno, non secreti dal corpo stesso – “sia originata dai materiali usati per il packaging”, si legge nell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica “Envirnomental Science and Pollution Research”, “dato che le minerali imbottigliate nel PET e nel tetrapack sono risultate più estrogeniche di quelle confezionate nel vetro. Ciò induce a concludere che additivi presenti nei contenitori migrino da questi ultimi agli alimenti”.

Wagner e Oehlmann hanno rivolto l’attenzione alle acque minerali in quanto l’acqua è un composto “semplice” e non contiene ormoni endogeni (cioè non vi è un contenuto ormonale insito); inoltre, spiegano i ricercatori, “il consumo di acqua minerale è in crescita in tutto il mondo”.

tetrapak
I campioni utilizzati per la ricerca sono stati 20: 9 di essi in bottiglia di plastica, 9 in vetro e 2 in tetrapack (cartone internamente rivestito da una sottile pellicola plastica).
I campioni utilizzati sono stati 20 (scelti tra marche differenti e fasce di prezzo variegate): nove di essi in bottiglia di plastica, nove in vetro e due in tetrapack (cartone internamente rivestito da una sottile pellicola plastica).

Gli esperimenti sono stati condotti sia in vitro sia in vivo. Prima di tutto è stato misurato il quantitativo di estrogeni presenti in ogni acqua, facendo uso di un recettore di ormoni umani (analisi in vitro). La veridicità del responso è basata sul fatto che per ogni campione l’esperimento è stato condotto su tre bottiglie diverse e su ciascuna per tre volte. In seguito sono state fatte analisi in vivo su lumache terrestri femmine, monitorando la loro attività riproduttiva in condizioni di esposizione all’acqua estrogenata.

Cosa è emerso dagli studi?

L’analisi in vitro ha permesso di rivelare un’attività estrogena significativamente elevata in 12 dei 20 esemplari presi in considerazione. Più precisamente, sono stati rilevati ormoni in ben il 78% delle acque in bottiglia di plastica (ossia sette campioni su nove) e nel 100% di quelle in tetrapack (due marche su due), contro il 33% di quelle in vetro (tre campioni su nove).

Per valutare direttamente l’influenza del materiale di imballaggio, i ricercatori hanno analizzato acque minerali provenienti dalla medesima fonte, ma imballate con materiale differente: le minerali vendute in bottiglie di vetro sono risultate meno estrogenate delle corrispettive in PET. Più nel dettaglio, si è indagata anche la differenza tra contenitori in plastica riutilizzabili (vuoti a rendere) e monouso: l’acqua in confezioni usa e getta sono mediamente più cariche di estrogeni di quelle in bottiglia riutilizzabile (considerata non al primo uso), evidentemente perché queste ultime dissolvono il contenuto di ormoni nei vari passaggi, in più tra uno e l’altro sono risciacquate.

D’altro canto, l’analisi in vivo ha dimostrato che il contenuto ormonale delle acque prese in considerazione ha un effetto reale sull’equilibrio endocrino delle lumache, in quanto dopo 56 giorni di esposizione a 25 ng/l (nanogrammi per litro) di etinile-estradiolo la loro attività riproduttiva (valutata in numeri di embrione per femmina) è più che raddoppiata. In concreto, si è manifestato un significativo aumento della riproduzione nei campioni imbottigliati in plastica, piuttosto superiore rispetto a quello riscontrato nelle acque in vetro.

acqua in bottiglia
Secondo gli studiosi i risultati della ricerca forniscono una prima evidenza di una marcata contaminazione dell’acqua minerale da parte di estrogeni
“I nostri risultati forniscono una prima evidenza di una marcata contaminazione dell’acqua minerale da parte di estrogeni, con valori tipicamente nell’intervallo di 2-40 ng/l e picchi di 75 ng/l”, concludono i ricercatori di Francoforte. “Il consumo di acqua minerale imbottigliata e commercializzata potrebbe dunque contribuire all’esposizione complessiva degli esseri umani a sostanze in grado di alterare l’equilibrio endocrino del corpo.”

Tali sostanze fonti di ormoni costituiscono un’intera categoria, denominata EDC, ossia composti in grado di alterare l’equilibrio endocrino. Sono da anni poste sotto osservazione in quanto in potenza sono causa di danni all’organismo. Il legame di causalità tra l’ingestione di tali composti e gli effetti collaterali sulla salute umana, però, è ancora oggetto di controversie: non è una faccenda immediata, in quanto le malattie connesse agli ormoni possono essere correlate a varie cause, peraltro distribuite su un arco di tempo lungo. Non di meno, va detto che un numero non trascurabile di esperimenti suggeriscono che tale legame sia in effetti concreto.

A pochi giorni di distanza dalla pubblicazione dell’articolo da parte di Wagner e Oehlmann, è arrivata una risposta da parte di un portavoce dell’Associazione Britannica per le Bevande Leggere (BSDA), la quale sostiene che non sia possibile concludere dallo studio in questione che ci sia un’effettiva connessione tra l’attività estrogena riscontrata nelle acque e il confezionamento.

“I composti rintracciati nell’acqua non sono stati precisamente identificati, pertanto non possono esser fatti risalire ai materiali d’involucro. Inoltre composti analoghi sono stati ritrovati in test eseguiti su altri tipi di cibi e bevande senza che fosse rilevata una dipendenza tra attività ormonale e packaging.” Infine, afferma ancora la BSDA, “i livelli di queste sostanze riscontrati nelle acque sono infimi se comparati con i quantitativi naturali di ormoni presenti negli organismi e, comunque, sono ampiamente al di sotto dei livelli di sicurezza approvati dall’Unione Europea.”

acqua
Gli scienziati non sono ancora giunti ad una conclusione univoca. Nel frattempo noi consumatori siamo liberi di fare le nostre scelte
In effetti l’uso del PET (polietilene tereftalato) per la realizzazione di imballaggi alimentari è consentito e disciplinato da una direttiva (la 2002/72/CE) della Commissione Europea e da una successiva modifica ratificata due anni dopo (2004/19/CE). Ne segue che le case produttrici di confezioni e le aziende alimentari, se si adeguano a tali normative, non sono da considerarsi direttamente responsabili degli eventuali danni all’organismo. Semmai dovrebbero essere modificate le direttive, ma per far ciò occorrono prove effettive dell’incompatibilità di determinati materiali con i processi biologici umani.

Gli scienziati non sono ancora giunti ad una conclusione univoca (o grossomodo tale), pertanto occorre attendere i risultati di futuri ulteriori indagini. Nel frattempo noi consumatori siamo liberi di fare le nostre scelte. Quella primaria sarebbe la rinuncia all’acquisto di acque commercializzate tout-court, per svariate ragioni di natura ecologica ed economico-sociale. Gli imballaggi, soprattutto se usa e getta, sono oggi una delle maggiori cause di inquinamento. Le acque che ammiccano dagli scaffali dei supermercati sono imbottigliate per lo più da multinazionali che hanno un curriculum degno di far rabbrividire ogni consumatore critico che si rispetti. Del resto il mercato dell’oro blu è oggi considerato molto redditizio in termini economici, nonché estremamente vantaggioso in quanto a potere esercitato.

Bere l’acqua che fuoriesce dal rubinetto di casa, prediligere il vetro alla plastica, acquisire l’abitudine di riportare i vuoti dove consentito: ci sono varie opzioni e conseguenti diversi livelli di acquisizione di responsabilità.

Consumatori, fate il vostro gioco!

Dalla bottiglia di plastica alla brocca di vetro: l'evoluzione della specie

Dalla bottiglia di plastica alla brocca di vetro: l'evoluzione della specie

L’acqua è un bisogno fondamentale. Ci si dimentica, però, di considerarla come un diritto. La nuova sentenza emessa dal tribunale della Regione Calabria, che obbliga i comuni a fornire le analisi dell'acqua potabile ai cittadini che ne fanno richiesta, potrebbe però essere da stimolo per tutti coloro che vogliono avere informazioni sulla qualità dell’acqua che esce dal proprio rubinetto. E permettere a molti di dire addio all'acqua in bottiglia.
di Valerio Pignatta
acqua rubinetto

Una sentenza del 14 gennaio scorso del Tribunale amministrativo regionale della Calabria ha stabilito l'obbligatorietà da parte del Comune di Reggio Calabria di fornire le analisi dell'acqua potabile ai cittadini che ne fanno richiesta. Il Comune ha il dovere di svolgere funzione di controllo sulle acque destinate al consumo umano (sino al punto di consegna, ossia il contatore) e tutte le “informazioni ambientali” che esso deve raccogliere sono a disposizione della collettività. Chiunque ne può fare richiesta, addirittura senza dichiarazione del motivo della stessa. Questa sentenza incoraggia ad avviare analoghe iniziative nel proprio comune di residenza per tutti coloro che sono interessati ad avere informazioni sulla qualità dell'acqua che esce dal proprio rubinetto.

Da tempo, parecchie associazioni ambientaliste e mediche hanno sollevato seri dubbi sulla qualità dell'acqua in bottiglia, specialmente se di plastica. La possibilità di avere informazioni maggiori e possibilmente gratuite sull'acqua di acquedotto, potrebbe spingere ancor più cittadini a fare il passo indietro che tutti ci auspichiamo e che porterebbe al consumo di acqua potabile della rete idrica. Questo implicherebbe l'abbandono dell'uso selvaggio di acqua minerale in bottiglia che sta inquinando come pochi altri settori, senza contare l'impatto sulla salute delle persone, dato che questa pare sia proprio di qualità inferiore rispetto agli standard normalmente forniti dagli acquedotti che devono rispettare controlli più accurati e valori di sostanze inquinanti minori.

La possibilità di avere analisi dell'acqua alla mano, permette anche di valutare apparecchiature di filtraggio e trattamento, eventualmente da applicare al proprio impianto casalingo, per migliorare ancor più le caratteristiche organiche e minerali e la purezza dell'acqua che si consuma. L'analisi permette altresì di obbligare il Comune a prendere atto di quello che viene servito ai propri concittadini dalla multinazionale di turno che somministra/amministra l'acqua. In molti casi, infatti, gli acquedotti sono stati privatizzati con conseguenze devastanti sia dal punto di vista economico, sia sociale e sia ambientale. Chissà mai che da questo atto giuridico “minimo” derivino conseguenze di rilievo.

plastica bottiglie
In Italia vengono prodotti quasi 7 miliardi di litri di acqua minerale imbottigliati da circa 160 imprese che utilizzano 700 sorgenti e vantano oltre 260 etichette
In Italia vengono prodotti quasi 7 miliardi di litri di acqua minerale (dati Nielsen 2002), pari a un consumo pro capite di circa 170 litri, imbottigliati da circa 160 imprese che utilizzano 700 sorgenti e vantano oltre 260 etichette. Di fatto 27 marchi di proprietà di 6 gruppi controllano circa il 70% del mercato di consumo. È facile per chiunque intravedere il giro di affari che deriva da tutto questo. Il costo di utilizzo di fonti demaniali per suddette imprese è assolutamente ridicolo. Secondo alcune stime, da queste “concessioni pubbliche” lo stato incasserebbe in totale solo circa 500.000 euro annui. Per alcune Regioni le spese sostenute per la contabilità delle concessioni sono superiori agli incassi delle stesse.

L'acqua minerale in bottiglia non è di certo una soluzione...

Se si vuole bere acqua pura dobbiamo assumerci la responsabilità di proteggere fiumi, laghi e falde idriche. Senza svendere al primo venuto che ci sbandiera quattro soldi sotto il naso.

Le pubblicità delle acque minerali sono spesso “sovradosate”. Non è vero ad esempio che queste abbiano sempre maggiori sali minerali di quelle del rubinetto. E i residui tossici (nitrati, arsenico ecc.) spesso sono di molto superiori rispetto a quelli dell'acqua di un acquedotto comune.

Non va dimenticato che l'acqua è vitale sotto molti punti di vista, non ultimo quello medico. Essa, infatti, se di buona qualità, può essere utilizzata come medicina in tantissimi disturbi (l'idroterapia ne è un esempio). I problemi come l'aggiunta sistematica di cloro e/o la presenza di altre componenti dannose possono essere eliminati con un buon filtraggio domestico. Installare un buon filtro di depurazione è inoltre un ottimo espediente per spingere a un consumo cosciente e orientato al risparmio.

A noi, al momento, non ci tocca e non ci si pensa, ma ci sono oltre 1,4 miliardi di persone nel mondo che non hanno accesso all'acqua potabile. Poiché si dovrebbe presumere che l'acqua sia un diritto di tutti, pensiamoci ogni volta che apriamo il rubinetto.

Terra agli sgoccioli
A Istanbul, dal 16 al 22 marzo scorso, si è svolto il quinto forum mondiale dell'acqua, ma non è stata raggiunta un'intesa
Di fatto, a Istanbul, dal 16 al 22 marzo scorso, si è svolto il quinto forum mondiale dell'acqua: 30.000 congressisti, una ventina di capi di stato e circa 180 ministri dell'ambiente. L'obiettivo di raggiungere un'intesa sull'accordare all'accesso all'acqua lo status di “diritto” sancito a livello internazionale non è stato raggiunto. C'erano dubbi? Si è riusciti solo a fissare che questo accesso è un “bisogno” fondamentale... meno male. Ma non è ancora un diritto.

Tra alcuni anni si prevede una crisi idrica di proporzioni mondiali a causa di eventi ormai incontrollabili come l'aumento della popolazione, l'effetto serra, l'erosione dei suoli avanzante e l'inquinamento progressivo delle falde. La campagna che dura da un quindicennio secondo cui l'acqua è un bene economico e che solo come tale può essere tutelata, è stata improntata e portata avanti sulla base delle indicazioni del World Water Council, un organismo costituito dalle principali multinazionali del settore e da varie organizzazioni internazionali tra cui la Banca mondiale. Iniziamo allora da noi.

Pubblico o privato che sia (la maggior parte delle grandi città vengono ancora servite da operatori idrici pubblici) il sistema di mercificazione dell'acqua è aberrante e rappresenta solo un gran business e un palcoscenico per il gioco di poteri istituzionali o imprenditoriali. L'acqua è un bene e non una merce, per utilizzare una classificazione cara a Maurizio Pallante.

Solo partendo da questa riflessione si può pensare di uscire dalla dinamica di controllo esterno sulle proprie fonti idriche per approdare ad un'autogestione egualitaria ossia a una gestione diretta delle risorse idriche senza intermediari. Questo garantirebbe oltre che una migliore qualità microbiologica dell'acqua anche uno stato di migliore conservazione degli impianti e un minor spreco. Quando è la collettività locale che è responsabile di un servizio e che dipende dalla qualità di quello che riesce a fare, tutto può cambiare. Riprendiamoci la nostra acqua.

PER SAPERNE DI PIU' SULL'ARGOMENTO
Qualcuno vuol darcela a bere

È un momento caldo per l'acqua minerale. Mentre proseguono le inchieste della magistratura che coinvolgono...
Continua...
L'Acqua

L'acqua scarseggia sempre più e la sua qualità sta peggiorando per colpa dell'inquinamento e dei consumi...
Continua...

sabato 9 maggio 2009

Anche Prato scopre la convenienza dei Gruppi di acquisto

Da I'GASSE - G.A.S. di Prato

La guerra dell'acqua ora la Valtellina si ribella ai padroni di Milano

La guerra dell´acqua ora la Valtellina si ribella ai padroni di Milano
Fiumi sfruttati e paesaggio a rischio: il no degli abitanti
L´Adda si è ridotto a uno scolo governato dalle saracinesche delle centrali idroelettriche
Piateda è la capitale alpina della rivolta, qui l´acqua tuona ovunque, tranne dove dovrebbe
PAOLO RUMIZ
PIATEDA (SONDRIO)

dal nostro inviato
IN VALTELLINA non succede niente, ti dicono a Milano. Che vuoi che accada in un budello a fondo cieco popolato di lombardi duri, schiacciato fra la Svizzera degli orologi a cucù e le Alpi bergamasche dove è nata la Lega. Terra di "gonzi" e sgobboni, aggrappati alle loro vigne e ai loro campanili schierati da quattro secoli sulla linea del fronte con la riforma protestante. Chiese enormi, sproporzionate, che lanciano ogni ora segnali di bronzo ai montanari dei Grigioni verso i ghiacciai del Bernina, picchiano col battaglio come per marcare il territorio di valle in valle. Un mondo a parte, dai giorni tutti eguali.
E invece in Valtellina succede qualcosa. Succede che i "gonzi" si sono stancati dei "sciùri" di Milano e, dopo un secolo di sfruttamento, la regina delle acque lombarde, valle più piovosa delle Alpi di mezzo, è scesa in guerra con il settore dell´energia per dire basta a nuove derivazioni idroelettriche. La situazione è al limite. Nelle valli laterali i fiumi sono quasi tutti intubati, l´Adda si è ridotto a uno scolo governato dalle saracinesche delle centrali. «È quanto basta per dire basta», dice la gente di qui. E invece non basta ancora, perché le aziende hanno ricominciato a premere sui comuni con progetti di sfruttamento delle ultime oasi. Val di Mello, Val Grosina, Val Fontana. Paradisi con corsi d´acqua dai nomi millenari: Vedello, Caronno, Ambria, Venina.
La guerra dura da tre anni e i valtellinesi hanno già vinto alcune battaglie. Nel 2006 hanno raccolto quarantacinquemila firme - un abitante su cinque! - per fermare la rapina, strappando al governo una moratoria biennale sull´idroelettrico. Ma appena il blocco alle nuove centrali è scaduto il 31 dicembre del 2008, s´è aperto lo spazio per nuove concessioni e ora si va a un nuovo scontro. La situazione è delicata. La Provincia, governata dalla Lega, ha adottato un bilancio idrico che sancisce l´atteso "stop", ma l´approvazione non si sa perché tarda ad arrivare, l´autorità di bacino nicchia, il governo fa il pesce in barile, e così gli industriali hanno avuto il tempo di premere politicamente e ora tentano l´ultimo arrembaggio, spiegando che i fiumi non sono poi così vuoti come si dice.
Per capire la posta in gioco bisogna andare a monte di Sondrio, in un paese di duemila anime dai lucenti tetti in pietra. Piateda, 90 per cento dei torrenti intubati, capitale alpina dello sfruttamento idroelettrico e cuore della rivolta valtellinese. Qui l´acqua tuona ovunque, tranne dove dovrebbe. La senti precipitare nella centrale di Boffetto dopo una corsa rettilinea di mille metri dalle Orobiche, ribollire nelle turbine delle ex Acciaierie lombarde di Venina, scrosciare dalla presa di Baghetto, e poi rientrare nell´Adda, nell´ansa che taglia il paese sotto il campanile, con una forza tale che ne hanno fatto un percorso olimpionico per canoa. È qui che novant´anni fa il capitano d´industria (e senatore del Regno) Giorgio Enrico Falck iniziò la colonizzazione idrica della valle per i suoi stabilimenti di Sesto San Giovanni. Opere ciclopiche, di austera bellezza, che però hanno messo una valle intera "sotto sequestro".
«La Lega avrà Pontida ma noi abbiamo Piateda» dicono con orgoglio i valtellinesi, e ti spiegano che in questo luogo-simbolo hanno tenuto le prime assemblee, preso coscienza del problema e rafforzato l´alleanza tra comuni rivieraschi. Certo, la Lega avrà le ronde anti-immigrati, ma Piateda e la Valtellina fanno di meglio, hanno le pattuglie che controllano le acque e avvertono a ogni segnale di invasione di campo. E poi Piateda ha per sindaco Martina Simonini, pd, una che non molla mai, una che s´è arrampicata nelle frazioni più isolate per smuovere gli abitanti dal fatalismo e chiamarli alla mobilitazione in nome dei diritti. Quelli dell´Edison a Milano la conoscono anche troppo bene la "pasionaria" dell´Adda. Quando ha scoperto che da anni l´azienda non pagava il dovuto per lo sfruttamento doppio dell´acqua (che nottetempo veniva rilanciata in quota), ha piantato una grana, allertato la Provincia che nulla sapeva, e costretto i milanesi a metter mano al portafoglio con tutti gli arretrati.
Ma la diga del silenzio obbediente verso l´industria dell´energia s´era già rotta da qualche tempo con una storia di resistenza civile cresciuta lontano dalle stanze dei bottoni della regione Lombardia. Comincia tre anni fa, quando un ex "idroelettrico" di nome Giuseppe Songini pubblica un libro-inchiesta dal titolo "Acque misteriose", che inchioda i suoi ex datori di lavoro di fronte all´evidenza di un furto colossale. Dati alla mano, Songini dimostra che l´acqua deviata è molto superiore a quella dichiarata nelle concessioni e quindi i Comuni sono stati truffati. La reazione delle aziende è durissima, l´autore denunciato, isolato e preso per pazzo, il libro ritirato dalla circolazione per essere buttato al macero. Ma Songini resiste, va a processo e nel luglio del 2008 viene assolto con formula piena.
«A quel punto si scatena un "outing" sconvolgente» racconta la Simonini. Da tutte le valli arrivano segnalazioni di torrenti in pericolo, di acque "vampirizzate" oltre il dovuto. Nasce l´associazione "H2Orobie" e ulteriori indagini confermano l´allarme di Songini; la questione approda in Parlamento, il governo fa un´indagine e impone una moratoria di due anni allo sfruttamento idroelettrico valtellinese. Qualcuno grida "vittoria", ma i trionfalismi sono fuori luogo, perché la partita è ancora aperta. «Ci sono imprenditori scaltri e speculatori che vogliono accaparrarsi il poco rimasto» spiega Sandro Sozzani, leader barbuto della mobilitazione. «Serve un risultato definitivo, altrimenti la guerra dell´acqua è perduta in partenza».
Ma intanto, che rivoluzione culturale! «Fino a ieri qui l´acqua era vista solo come un rischio-alluvione. Oggi trovi le donne in costume tradizionale che raccolgono firme a difesa di questo o quel torrente» dice Giovanni Curti, che qui conosce ogni montagna. L´acqua è diventata risorsa, e come per il Piave - fiume più intubato d´Europa - la protesta economica e quella ecologica coincidono al punto che nella difesa dell´Adda vedi schierati tutti i partiti, in una mobilitazione trasversale che parte dal basso. Si schiera anche il Club Alpino, solitamente prudente sul tema. «Guai se per pensare alle cime dimenticassimo le valli; le acque sono il cuore dell´identità montanara» scandisce Annibale Salsa, presidente generale del Cai. «Ci hanno già fregati abbastanza» tuona Walter Bonatti, il più grande alpinista italiano, dal suo splendido isolamento di Dubino, all´inizio della valle. Saliamo per la Val Venina, sul lato orobico, per luoghi di una bellezza pazzesca, da hobbit. Scudi di roccia smerigliata, canali da vertigine, stalattiti di ghiaccio, imbuti, strapiombi, camminamenti tibetani, porte d´ispezione che si aprono a sorpresa in condotte forzate. Montagne arcigne, cariche di ferro e uranio. È in posti così che si combatte l´ultima guerra dell´acqua, in spazi vergini dove ogni metro cubo d´acqua è stato sfruttato a scopi industriali. Da quasi un secolo è così, solo che tutto è cambiato in peggio. Ieri la Falck, prima destinataria dell´energia, dava migliaia di posti di lavoro alla valle. Oggi l´acqua dà in cambio poco o niente. Perfino il fascismo era meglio, almeno allora si lavorava alla manutenzione degli impianti. «Il cemento di allora sembra più nuovo di quello di oggi» brontola Giovanni Curti arrampicandosi per un canalone.
Intorno a noi nella pioggia, impianti vecchi e già ammortizzati, lasciati all´insulto del tempo, che consentono alle aziende idroelettriche di incassare al netto con investimento zero. Ma questi guadagni favolosi, impensabili nel passato, non bastano ancora, e si pensa a nuove captazioni acrobatiche, ovviamente con soldi pubblici, come la condotta trasversale che proprio qui in Val Venina, dovrebbe bucare due montagne per catturare il torrente Livrio, il Cervio e il Madrasco, con effetti incalcolabili per l´ambiante già provato dalle desertificazione dei greti di fondovalle. «Il pericolo è che si spenga l´ultima voce dei luoghi» sorride amaro il novantunenne don Camillo Piaz di Tirano, che le lavandaie al fiume le ricorda ancora.

Da Repubblica Venerdì 8 Maggio 2009

venerdì 8 maggio 2009

L'ex hippy trionfa sulla Mars "Cacao equo e biologico"


ALIMENTAZIONE
L'ex hippy trionfa sulla Mars
"Cacao equo e biologico"
Shapiro, ex agricoltore, è confluito con la sua azienda nella multinazionale convincendola a garantire i coltivatori del Terzo Mondo e la qualità del prodotto
dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

Howard Yana-Shapiro
LONDRA - Qualcuno la chiama Barbabianca, come se fosse una versione positiva e bonaria dei vari Barbablù e Barbanera delle fiabe. Qualcun altro lo scambia per un santone indiano, un istruttore di yoga o semplicemente un ex hippy che crede ancora di essere negli anni Sessanta. L'ultima definizione è parzialmente azzeccata: perché Howard-Yana Shapiro, americano di 61 anni, è davvero un ex figlio dei fiori, un "radical", come si dice negli Usa, un ex contestatore, come diremmo noi, che non ha perso la voglia di lottare per un mondo migliore. Ma non vive più negli anni Sessanta. E ha capito che negli anni Duemila le lotte per migliorare il mondo si combattono in un altro modo.

Due decenni or sono, Shapiro ha fondato "Seeds for change" (Semi per il cambiamento), una piccola azienda di produzione e informazione su cibo organico, agricoltura sostenibile, difesa dell'ambiente. Vendevano sementi per l'agricoltura biologica. Gli affari andavano bene, la ditta è cresciuta, il fondatore era contento. Poi, un giorno del 1997, arrivò un'offerta inattesa: la Mars, gigante dell'alimentazione mondiale, la compagnia nota per le barrette di cioccolato al caramello dallo stesso nome e per un'infinità di altri prodotti, voleva acquistare "Seeds for change".

Shapiro ha venduto l'azienda, ma non l'anima, sebbene gli amici gli dessero del "traditore". Si è immerso nella cultura del profitto di una grande multinazionale e oggi può dire di aver vinto la sua battaglia: nei giorni scorsi la Mars, più grande azienda produttrice di cioccolato al mondo, ha annunciato che d'ora in poi tutta la sua produzione di cacao, per un valore di un miliardo di dollari l'anno, seguirà le norme dell'economia sostenibile: salario minimo garantito per i contadini, biodiversità nello sviluppo dell'agricoltura, conservazione delle risorse acquifere. Una scelta che sarà verificata e certificata dalla organizzazione ecologista Rainforest Alliance, il cui presidente, Tensie Whelan, dichiara al quotidiano Guardian di Londra, dove Shapiro è venuto a presentare la svolta: "L'impegno ambientalista della Mars è senza precedenti in campo alimentare e i benefici per gli agricoltori del Terzo Mondo, per l'ambiente e per la natura saranno tangibili".

Sembra una favola: un profeta del radicalismo, un ex attivista del movimento dei diritti civili, con la barba (ora bianca) e i capelli lunghi (quando li aveva - ora è completamente calvo), che entra in una multinazionale del capitalismo, l'azienda numero uno nel suo settore, e la converte al vangelo dell'ecologia e dell'economia a misura d'uomo. Una storia da film, e magari qualcuno lo girerà. Dice il protagonista: "Se sei interessato a difendere la natura, la scala delle tue azioni ha un'importanza decisiva. Se vuoi incidere sulla realtà, devi smuovere qualcosa di grande. Io non sono diverso da com'ero. Sono cresciuto con il movimento pacifista contro la guerra in Vietnam. Voglio ancora cambiare il mondo, aiutare i poveri, migliorare più vite che è possibile. E ora sono convinto che, seguendo l'esempio della Mars, tutta l'industria alimentare seguirà questa strada".

Figlio di intellettuali emigrati in America dalla Russia e dalla Lituania ("ma che sapevano zappare l'orto, come tutti, nel loro paese d'origine"), Shapiro oggi ha alla Mars l'incarico di direttore globale per le ricerche esterne. Non gli mancano le critiche: Ethical Consumer, una rivista ecologista britannica, ha dato pessimi voti alla Mars, e anche alla Seeds for Change che continua a esistere all'interno della Mars, per scarso rispetto dell'ambiente, esperimenti sugli animali, operazioni in regimi oppressivi e campagne contro le leggi anti-obesità della Ue. Ma lui nega le accuse e mette sul piatto della bilancio iniziative come la conferenza di Ong e governi, sponsorizzata nel novembre scorso dalla Mars, per incoraggiare i coltivatori di cacao in Africa a seminare raccolti differenti per ridare vitalità a un suolo impoverito. "Se vuoi prendere qualcosa dalla terra, devi dare qualcosa alla terra", dice Barbabianca. "Oggi non pensiamo al breve termine ma al mondo che esisterà fra cent'anni, a quello che lasceremo ai nostri nipoti".

(8 maggio 2009)

mercoledì 6 maggio 2009

Come funziona un GAS - Video

Come funziona un GAS - Video

Incenritore - I Gas boicottano la Barilla

Il boicottaggio dei prodotti Barilla per sensibilizzare l’azienda sui rischi dell’inceneritore a Parma. Questa la tattica di lotta dei Gruppi di Acquisto Solidale, che oggi hanno diffuso un appello a tutti i membri da inoltrare all’azienda di Pedrignano.
I consumatori vogliono sensibilizzare Barilla, che sulla qualità dei suoi prodotti, sulle politiche di salvaguardia ambientale e sul principio di precauzione ha di fatto impostato il suo marchio, ai rischi di costruire un inceneritore a pochi passi dal suo stabilimento di produzione: le nano particelle finiranno nella nostra pasta e nei biscotti che diamo ai nostri bambini.
Aspettiamo la risposta dell’azienda: si è trattato solo di belle parole da mettere nel Codice Etico per i consumatori allocchi oppure se davvero Barilla intende affrontare il problema con serietà confermando nei fatti ciò che dice a parole?
Pubblico a seguire la lettera che tanti consumatori stanno per inoltrare:

Spett.le
Barilla G. & R. Fratelli S.p.A.
Sede Centrale / Stabilimento Pasta / Mulino
via Mantova, 166 43100 Parma
e-mail: relazioniesterne@barilla.it

Alla cortese attenzione del
Dott. Luca Virginio (Group Communication and External Relations Director)

Oggetto: acquisto dei prodotti Barilla Group in relazione alla costruzione del nuovo inceneritore a Parma

Egr. Dott. Virginio,
a Parma, a pochi passi dalla vostra azienda, sorgerà un nuovo inceneritore.E’ ormai scientificamente dimostrato, che la combustione di rifiuti porta alla produzione di diossina e nanoparticelle, troppo piccole per essere fermate dai filtri, altamente dannose alla salute (anche a lungo termine).
Sono seriamente preoccupato che queste nanoparticelle possano finire sulle nostre tavole, nei vostri prodotti.In accordo con i principi di “Precauzione” e “Sovranità Alimentare” riportati nel Codice Etico Barilla, dalla data di messa in funzione dell’inceneritore di Parma mi asterrò dall’acquistare qualsiasi prodotto del gruppo Barilla, diffondendo questo pensiero a chi mi sta a cuore.

Il Codice Etico Barilla al punto 3.5 recita infatti quanto segue:
3.5 Salvaguardia dell’ambiente
L’impegno di Barilla nei riguardi della Terra, è volto a salvaguardarne l’abbondanza e la bellezza per le generazioni presenti e future, con l’obiettivo di trasmettere loro i valori e le tradizioni che sostengono lo sviluppo a lungo termine delle comunità umane e ambientali. Barilla si impegna in ogni fase del suo agire ad applicare criteri di cautela – il «Principio di Precauzione» (in base al quale, in caso di dubbio sull’innocuità per l’ambiente o per la salute di un prodotto o di un metodo di produzione, la dimostrazione della non nocività deve essere a carico del produttore – e un approccio preventivo nei riguardi dell’ambiente e della sua biodiversità; a promuovere iniziative per una maggiore responsabilità ambientale aziendale; a sviluppare l’impiego di mezzi e di tecnologie che non danneggino l’ambiente.

Sia nella scelta delle materie prime, sia nella distribuzione dei prodotti Barilla si adopera per il rispetto della «Sovranità Alimentare» (il diritto dei popoli ad autodeterminare le proprie scelte nei settori della produzione, della distribuzione e del consumo di alimenti, nel rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale, culturale e sociale, allo scopo di garantire il diritto di ogni individuo a un’alimentazione sufficiente e sana),nella consapevolezza che la responsabilità etico-sociale si estende anche alle comunità che producono le materie prime.

Il diritto all’alimentazione è un diritto umano fondamentale, saldamente fondato sul diritto internazionale. È implicito nella Carta delle Nazioni Unite ed è stato riaffermato e sviluppato in numerose dichiarazioni della comunità internazionale, inclusa la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art. 25), e in molti accordi internazionali sia a livello regionale che universale. La «Sovranità Alimentare» procede parallelamente e favorisce la sovranità economica, politica e culturale dei Paesi.

Sono disponibile ad un ripensamento solo se questi principi da Voi enunciati e sostenuti siano davvero concretamente applicati e non si configurino soltanto come mero spot di marketing aziendale. Credo che la credibilità e serietà della vostra azienda sia messa in forte discussione da questa situazione che si sta creando.Rimango in attesa di una sua cortese risposta, con distinti saluti,
Firma

BIOTESTAMENTO

mercoledì 6 maggio 2009

BIOTESTAMENTO


Associazione Radicale Liber@MentePrato
Associazione Libera Uscita, Roma

CAFFE’ DELLE LOGGE
Piazza del Comune
PRATO
Sabato 16 maggio, h. 17,30

presentazione del libro

STORIA DI UNA MORTE OPPORTUNA
Il diario del medico che ha fatto la volontà di Welby
di Gianna Milano e Mario Riccio

prefazione di Stefano Rodotà
(Sironi Editore, Milano 2008)

Introduce e modera: Roberto David Papini, giornalista de La Nazione, Prato

Interventi:


Mina Welby
associazione Luca Coscioni

Mario Riccio
anestesista rianimatore, Ospedale Civile, Cremona

Gianna Milano
giornalista scientifica del settimanale Panorama

Francesco De Ninno
medico anestesista
Giacomo Grassi
filosofo

presiedono:

Meri Negrelli
vicepresidente dell'associazione Libera Uscita
Vittorio Giugni
Segretario associazione radicale Liber@MentePrato

Sarà presente il Notaio Luigi Aricò per la raccolta dei biotestamenti


Il libro di Mario Riccio ripropone nella sua drammatica attualità il tema-problema del diritto a morire e, ad esso associato, quello del testamento biologico. Teoricamente, il consenso per quest'ultimo é unanime; in realtà esiste una netta divergenza di opinioni sul significato da annettere ad alimentazione e idratazione somministrate indipendentemente dalla volontà del malato.Ancora più forte é il contrasto sul diritto o meno di decidere sulla propria vita, intesa da una parte come dono non disponibile, dall'altra come bene o, comunque, possesso della persona.In questo contesto, rileva Stefano Rodotà nella sua prefazione, "Riccio dà una lezione di moralità professionale, che in primo luogo consiste nell'assumere fino in fondo le proprie responsabilità di fronte al vero protagonista della vicenda, la persona che chiede collaborazione per poter continuare a governare la propria vita in una condizione di libertà ormai preclusa dalla situazione del corpo".

Info: 3409661856 www.liberamenteprato.blogspot.com